HARD N HEAVY

HARD N HEAVY - by Beppe "HM" Diana - voto 5 Stelle su 5

Personale ed indubbiamente affascinante, il nuovo disco dei marchigiani Todio da quel di Macerata, riesce a mettere in mostra una formazione dalle indubbie qualità tecniche ed espressive, capace di porre in evidenza delle particolarità individuali, non del tutto indifferenti, anche perché, nonostante il moniker possa risuonare nuovo, il nucleo portante della band nostrana, è on the road dal lontano 1992, ed arriva con il qui recensito “Sixteen”, a tagliare l’ambito traguardo della terza release ufficiale, dopo l’inaspettato come back sulle scene di ben tre anni or sono.


Ciò che si evince maggiormente dall'ascolto di queste dodici avvincenti composizioni, è soprattutto la voglia quasi spasmodica della band marchigiana di voler rivitalizzare, ed in modo più che perentorio, le strutture multiformi del metal moderno, cercando di sfruttare se non altro un'insieme di componenti derivanti sia da influenze d'un certo retaggio heavy/prog, che partiture molto più vicine ad una certa concezione di stampo crossover, elementi che, grazie soprattutto all'abilità compositiva di fini cesellatori di melodie, riesce a dare forma ad un variopinto mosaico di umori e sensazioni, che affiorano con la stessa disinvoltura con la quale vengono messe in atto. 

Ne scaturisce un suono ben corposo e consistente, caratterizzato quasi sempre da ambientazioni musicali multiformi e cangianti, progressivo nella struttura, quasi sempre a ventaglio, in cui a svettare è naturalmente la splendida voce della singer Barbara Licciardi, piuttosto a suo agio sia sulle parti atmosferiche, che sui contrappunti più metallici, in grado naturalmente di caratterizzare con il proprio lirismo raffinato e pungente, le tipiche digressioni compositive di autentici pezzi da novanta come nel caso della coinvolgente " Song 2", brano che, ad un incipit di classica forma ed estrazione heavy rock, con il riff portante che sembra quasi la trasposizione moderna di “Paranoid” dei Sabbs-four, contrappone delle sferzate più tipicamente atmosferiche e dal vago sentore gothic rock di fondo, che portano ben impresse a fuoco molte delle caratteristiche tipiche del genere. 

Caratteristiche e peculiarità che, naturalmente, risaltano ancora di più fra le trame della sgusciante "Wild Road", sicuramente fra gli episodi più stentorei del lotto, che amalgama sapientemente iniezioni lisergiche con chitarre roboanti e più volutamente heavy/prog, sullo stile di band come Threshold ed Evergey, mentre è proprio con "Prayer" che, secondo un mio modesto parere, i Todio raggiungono il proprio apice qualitativo, dando ampio sfoggio di una personalità compositiva, e di una teatrale drammaticità alquanto spiccata, che li potrebbe portare, a togliersi ben più di una semplice soddisfazione personale . 

Passionale, intenso, drammatico, questo lavoro è quanto di più intrigante ed affascinante mi sia capitato d'ascoltare negli ultimi mesi, prodotto egregiamente, suonato in maniera altrettanto oculata, il terzo parto discografico dei Todio potrebbe concorrere seriamente a pieno titolo come uno degli avvenimenti progressive dell'anno solare appena concluso, giuro, anche per questo mi auguro vivamente che la classe e la professionalità profusa dai cinque artisti marchigiani in questo frangente, possa essere in qualche modo ripagata. 

Todio: il nuovo che avanza, in ogni senso… 


Beppe "HM" Diana
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